La dimensione sociale
Il senso della fame rappresenta, per tutti gli esseri viventi, una potente spinta istintiva alla ricerca del cibo finalizzata alla sua assunzione; in quanto tale, costituisce la motivazione biologica primaria del comportamento volto a garantire la sopravvivenza dell’individuo.
Si tratta, tuttavia, di un fenomeno complesso e variegato che trova le basi di funzionamento nella dimensione neurofisiologica, ma che al tempo stesso per la sua natura multifattoriale coinvolge anche le dimensioni psichiche e sociali del comportamento alimentare.
L’alimentazione, infatti, rappresenta un momento essenziale nella cura del bambino anche come possibilità di scambio affettivo.
Attorno all’alimentazione si annoda l’asse di interazione più precoce tra caregiver e bambino, asse che costituisce il nucleo di riferimento dei diversi stadi successivi dello sviluppo.
Si pensi, inoltre, alle forti valenze simboliche e religiose assunte dal cibo: l’atto del mangiare diviene, in questo senso, un “prodotto culturale”, un vero e proprio “fatto sociale”.
Il cibo, inoltre, rappresenta un forte elemento identitario per una comunità e per un territorio. Questo aspetto è uno dei temi più discussi all’interno delle scienze sociali vista la notevole presenza migratoria nei paesi occidentali. In questo contesto, cibo ed identità si collegano strettamente all’esperienza migratoria.
La cucina, infatti, è uno strumento di identificazione etnica, essendo di fatto un linguaggio appreso nei primi anni di vita ed in quanto tale fortemente impresso nella memoria ed identità di ognuno.
All’interno di questa compagine antropologica e culturale, non possiamo non considerare quanto indicato da Pérez nel libro “Mangiare e crescere” che indica il cibo come Eatertainment, in cui la televisione gioca un ruolo fondamentale in quanto luogo privilegiato di rappresentazioni sociali.